Il registro delle prenotazioni spagnolo “insostenibile” per il travel italiano

Il registro delle prenotazioni spagnolo “insostenibile” per il travel italiano

L’operatività delle agenzie di viaggi è già fin troppo gravata da incombenze, normative e procedure con cui confrontarsi ogni giorno per pensare che possa essere ulteriormente appesantita da nuovi oneri burocratici. È ciò che però è successo in Spagna, dove, dal 2 dicembre scorso, è in vigore una nuova normativa in base alla quale il ministero dell’Interno ha stabilito il registro delle prenotazioni, che obbliga società ricettive, autonoleggi e agenzie di viaggi a comunicare al dicastero i dati di prenotazione dei clienti. Le aziende del travel devono fornire fino a 42 dettagli su viaggiatori e prenotazioni.

Inutile dire che gli addetti ai lavori spagnoli hanno subito protestato, ma a un mese dall’entrata in vigore della norma, nulla è cambiato per le agenzie spagnole. Sono solo aumentati i problemi operativi, che appesantiscono ulteriormente il lavoro e sono sorti i primi timori che la nuova normativa possa penalizzare la Spagna come destinazione turistica a favore di altre mete. Le associazioni di categoria come Acave e Unav non hanno però intenzione di restare a guardare. Se infatti il ministero dell’Interno non dovesse accettare di escludere le agenzie di viaggi dall’applicazione della normativa, le due associazioni impugneranno l’ordinanza ministeriale davanti ai tribunali spagnoli.

Cosa ne pensa l’Italia?

Questa è la situazione in Spagna, ma cosa ne pensano le associazioni di categoria italiane? E soprattutto le agenzie e gli operatori italiani saranno tenuti a registrare i dati dei loro clienti che desiderano andare in vacanza in Spagna? “Stiamo attendendo disposizioni in merito”, ha fatto sapere Gianni Rebecchipresidente di Assoviaggi Confesercenti, che, in relazione a quanto sta accadendo in Spagna, mette bene in chiaro che “la situazione rispetto agli adempimenti svolti in agenzia in nome e per conto di soggetti terzi è ormai eccessiva, le agenzie di viaggi oggi, oltre a svolgere l’attività di prenotazione e organizzazione di viaggi, già complessa, si trovano appesantita la propria operatività per via di numerose ulteriori procedure rispetto ai dati dei clienti (visti, assicurazioni, dichiarazioni elettroniche obbligatorie per viaggiare in altri Paesi”, esemplifica. Pertanto, l’introduzione di nuove modalità, “come avviene in Spagna, sarebbe insostenibile dal punto di vista operativo, tanto che sarebbe necessario applicare costi di servizio”.

Un provvedimento sproporzionato

Anche Fiavet Confcommercio “naturalmente non può trovarsi d’accordo con un provvedimento simile – afferma il presidente Giuseppe Ciminnisi -. Non riteniamo che ulteriori adempimenti e burocrazia possano essere messi a carico degli operatori del travel che si occupano di turismo organizzato. Forse l’obiettivo del turismo spagnolo, con questa normativa, è orientato alla sicurezza, ma a scapito degli operatori – osserva -. Tuttavia, anche nel fine della sicurezza, ci sembra che sia eccessivo”. Anche perché Ciminnisi invita a considerare che “i dati degli arrivi sono già registrati negli aeroporti e successivamente negli esercizi ricettivi“. Ecco perché richiedere ulteriormente i dati a ogni turista viene visto come “un provvedimento sproporzionato e troppo oneroso per operatori e turisti”. Pensieri che sono in linea con quanto espresso dal travel spagnolo.

Uno spazio comune europeo di dati

Le due associazioni di categoria spagnole di cui sopra, non escludono di poter fare ricorso alle istituzioni dell’Unione europea. In questo caso qual è l’orientamento della normativa europea in merito alla trasmissione dei dati? Rebecchi afferma che è “in linea con il regolamento Ue 2016/679, trovando la sua base giuridica di liceità nell’art. 6 §1 lett. “c” (Trattamento necessario per adempiere un obbligo legale)”.

Ciminnisi osserva che la normativa sulla regolamentazione dei dati prevede che “per ragioni di sicurezza si possa chiedere la trasmissione di dati personali, ma si tratta di dati già  in possesso di tutti gli albergatori, dati di turisti che sono entrati regolarmente in ogni Paese europeo”.

Il presidente di Fiavet accenna anche al fatto che esiste il “progetto di uno spazio comune europeo di dati per il turismo che non mira a regolamentare la condivisione dei dati nel settore e nemmeno a imporre ai fornitori di dati o agli utenti l’obbligo di raccogliere dati specifici e soprattutto non ha scopi legati alla sicurezza”. L’obiettivo è “aumentare la condivisione e il riutilizzo dei dati nel settore, definendo un modello di governance dei dati basato sul rispetto della legislazione europea e nazionale esistente in materia di dati, per aumentare l’equità, assicurando che tutti i portatori di interessi beneficino del nuovo valore creato dalla condivisione ai fini di programmazione economica”.

La situazione in Italia

Qual è oggi la situazione in Italia in merito alle informazioni che devono essere fornite? Come ricorda Ciminnisi, da noi esistono già le norme “per cui, nel mondo alberghiero e delle strutture ricettive, gli alloggiati devono essere comunicati alla Questura competente per territorio. Non avrebbe quindi senso una piattaforma più complessa come quella prevista dalla Spagna”.

In linea ovviamente Rebecchi, che aggiunge: “Un obbligo analogo vige in Italia da molti anni per le strutture ricettive, da ultimo esteso con la Legge 113/2018 agli affitti brevi, motivato da esigenze di tutela della sicurezza dei cittadini”.

Nel momento in cui chiediamo se una norma simile a quella in vigore in Spagna possa prendere piede anche nel nostro Paese, il presidente di Assoviaggi dice: “Per rispondere alla domanda se quanto imposto alle adv in Spagna possa replicarsi in Italia, la risposta è affermativa se prevista da una legge”.

Stralcio da guidaviaggi.it

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